Home > News > Cronaca di un “Cours d’alphabétisation informatique” a M’Baiki

Pubblichiamo l’interessante articolo elaborato da Elvira Simoncini a seguito della sua esperienza a M’baiki:


Eccomi tornata a casa per Natale. Il viaggio nella Repubblica Centrafricana è stato impegnativo, come il progetto che ci era stato affidato dai nostri amici “Informatici senza frontiere”: “Cours d’alphabétisation informatique” da tenersi a M’Baiki, un progetto nato in collaborazione con i Padri Comboniani e con la Caritas Diocesana.
Siamo partiti in due, io e Paolo Merlo che era già pratico perché aveva tenuto con successo un corso simile nel Sud Sudan e questo sarebbe stato un valido aiuto nel consigliarmi e nell’organizzare insieme un programma modulato sugli argomenti da trattare.
Prima della partenza mi ero preparata realizzando tre dispense in lingua francese in modo tale da poter lasciare agli allievi un testo da consultare. Le dispense mi erano anche servite per predisporre delle presentazioni in PowerPoint come sussidio audiovisivo alle lezioni.
Siamo giunti a Bangui con l’Ethiopian airlines facendo un lungo giro, ma preferendo questa compagnia aerea perché offriva le tariffe più economiche. Nel bagaglio avevamo portato i computer portatili usati, dono del Centro Giovanile “Vintola” di Bolzano, e anche un videoproiettore che si è dimostrato utilissimo.
All’aeroporto di Bangui fortunatamente è venuto a prenderci il vescovo mons. Guerino Perin che ha reso più rapide le operazioni d’ingresso e ci ha accompagnato al nostro alloggio, una casa d’ospitalità tenuta da due giovani suore.
Gli imprevisti in Africa fanno parte della normalità, quindi quando ci hanno comunicato che sarebbero venuti a prenderci ritardando di alcuni giorni non ci siamo preoccupati e devo dire che questi giorni però non sono stati infruttuosi. Infatti, sono stati utilizzati per tenere un breve corso di due giornate sul programma di scrittura Word, su richiesta di padre Leonard della popolosa parrocchia di “Fatima”. Al corso improvvisato e non previsto, hanno partecipato con vero entusiasmo una ventina di giovani studenti universitari.
Nel frattempo, nella casa dove eravamo alloggiati, sono arrivati un gruppo di medici volontari spagnoli ed abbiamo cenato tutti insieme, scambiandoci racconti delle reciproche esperienze scoprendo anche che uno di loro era stato a Trieste e aveva conosciuto il dottor Basaglia. Il giorno stabilito per la partenza per M’baiki, coincideva anche con la loro partenza per Bangassou. Quando loro si sono alzati alle cinque del mattino facendo una bella e allegra confusione, anch’io una volta sveglia mi sono alzata ed ho iniziato a preparare la valigia con gioia e emozione perché non vedevo l’ora di raggiungere il luogo della missione.
Pierre, un cooperante francese della Caritas Diocesana di M’Baiki, nostro collaboratore nel progetto, sarebbe venuto a prenderci verso le dieci del mattino.
Alle otto avevamo un appuntamento con padre Lorenzo, un caro amico missionario comboniano, per andare all’ART a ritirare la autorizzazione per trasmettere con la mia radio poiché ho la licenza italiana di radioamatore. Non ero sicura che il documento era pronto e, conoscendo i “tempi” africani, non volevo partire senza aver parlato con il direttore generale per sapere a che punto era la mia pratica.
Puntuale come sempre padre Lorenzo è arrivato e ci siamo recati all’Agenzia. Qui negli uffici pubblici iniziano a lavorare presto perché le prime ore della giornata sono le più fresche e si respira, dopo l’umidità e la temperatura salgono facendo diventare tutto più difficile.
Fuori dall’ART ci sono i venditori di bellissimi quadri fatti con ali di farfalle, vere opere d’arte e di creatività.
Bisogna sapere che la Xanthie è una specie di falena che nella stagione delle piogge, solitamente intorno al mese di agosto, si trasforma in bruco, diventando così un piatto prelibato e ricercato molto ricco di proteine ​.
Questa “raccolta” non impedisce la schiusa di numerose larve infatti, durante il mese di marzo, il cielo è costellato da milioni di farfalle variopinte e l’avvenimento è molto apprezzato dagli studiosi. Lo spettacolo che presentano è unico e così meraviglioso che vengono turisti da tutto il mondo per fotografarle.
All’ART il direttore è già arrivato e già uscito, quindi dobbiamo attendere che rientri. Vincent ci fa entrare in una sala con un’aria super condizionata, dove c’è un imponente tavolo di legno massiccio, lungo le pareti fanno bella mostra poltrone ricoperte da stoffe vellutate di vari disegni e colori. Un orologio alla parete segna le nove e mezzo, ma un ragazzo che sta lavorando su un computer ci avverte che l’orologio è fermo da tempo.
L’attesa non è poi così lunga come pensavamo, infatti poco dopo arriva il direttore che ci saluta con grande gentilezza e, sapendo che sarei dovuta partire per andare a M’Baiki, mi tranquillizza dicendomi che la licenza sarà pronta nella tarda mattinata, ma che io già da ora posso trasmettere con la mia radio con il nominativo tl8es.
Rassicurata sull’argomento, arriva una telefonata da Pierre per informarci che non verrà alle dieci, ma alle quattordici. Questo mi fa piacere perché così ci sarà tempo anche per andare alla maison dei Padri Comboniani per salutare gli amici missionari e per vedere la posta in internet. Meglio approfittare ora poiché dopo a M’Baiki la connessione sembra non funzioni.
Restiamo volentieri a pranzo, ospiti dei Padri Comboniani e poi scendiamo velocemente a piedi lungo la discesa per rientrare alla maison delle suore dove abbiamo lasciato i bagagli e dove ci verrà a prendere Pierre in compagnia di tre ragazzi francesi anche loro impegnati in varie attività di sviluppo sociale.
Finalmente, allegramente si parte stipati su un fuoristrada pickup: siamo in cinque e zeppi di bagagli. Ben presto mi accorgo che i ragazzi francesi parlano anche la lingua ufficiale il sango. Il giovane alla guida è veramente bravo e conosce bene le difficili strade che stiamo percorrendo. Ci informano che bisogna fare una deviazione poiché la settimana scorsa il ponte, per la piena del fiume è crollato e non è stato ancora riparato. Anche la pioggia di ieri sera ha fatto straripare alcuni corsi d’acqua che hanno invaso le abitazioni per almeno trenta centimetri.
Il viaggio dura parecchie ore, anche se sono da percorrere solo circa cento chilometri. La rossa strada sterrata è piena di traffico di ogni genere da vecchi camion stracolmi anche sul tetto, a carri pieni di ogni genere di mercanzia e persone, da gente che cammina ai bordi della strada, da bancarelle e da animali che la attraversano. In ogni villaggio i bambini ci salutano con allegria agitando la mano.
Una cattedrale con due alte torri laterali ci avverte che siamo giunti a destinazione, il verde smagliante dei prati e delle chiome degli alberi, fa risaltare ancora di più la maestosa costruzione in terra rossa. La luce dorata del pomeriggio la rende bella e irreale come un quadro.
M’Baiki non la definirei una città perché questa parola risveglia un’immagine di case, strade e negozi.
Le strade di M’Baiki sono di terra rossa e la pioggia vi ha scavato buche e profondi canali, quella stessa terra che serve per costruire i mattoni per costruire le case. S’impasta la terra con l’acqua, si mette l’impasto in forme di legno e si fa seccare al sole. Le case hanno il tetto di fango e paglia, una composizione che si dimostra resistente e adatta al clima asciutto, ma quando giunge la stagione delle piogge non è poi così sicura.
L’unico grande negozio è il mercato all’aria aperta. Il mercato è forse uguale a quelli da me già visti durante questi anni di missione in Africa, ma è sempre uno spettacolo bellissimo, affascinante e colorato, denso di aromi e profumi intensi, con le poche cose messe in mostra ben ordinate su banchetti di legno o su stuoie stese per terra. Ci sono esposte banane, crema di noccioline, verdure, ortaggi e qualche patata. Medicine vendute sfuse accanto a polvere di manioca e semi di chissà quale pianta. Vestiti usati piegati in bella mostra, qualche radio, cacciaviti, torce e telefoni cellulari tutto di fabbricazione cinese.
Non c’è molto per chi è abituato a mangiare ogni giorno e cose diverse, ci sono le banane come frutto fresco e le “planten” da fare fritte o bollite, le radici di manioca, la farina di manioca, foglie di manioca tagliata sottile come insalata, cipolle vendute a quarti perché preziose e spesso introvabile, spicchi di aglio e piccolissimi dadini da brodo. Alcune donne vendono pesce affumicato nero di non bell’aspetto ma dicono sia ottimo da gustare, cumuli di piccoli bruchi anneriti attirano la mia attenzione.
Non si vedono taxi, ma ci sono una decina di ragazzi con la moto-taxi gialla: portano fino a quattro persone mentre il guidatore è seduto acrobaticamente quasi sul manubrio. C’è anche una piccola farmacia e per strada ragazzi vendono le schedine di ricarica telefonica anche se la rete non c’è quasi mai.
Arrivati a destinazione, una suora sorridente ci viene incontro: è suor Ida di Reggio Emilia, ci accoglie con un abbraccio dandoci con gioia il benvenuto.
La simpatica suora mi fa vedere dove alloggerò, è proprio di fronte al suo alloggio, la camera è spaziosa e con le zanzariere alla finestra, cosa qui indispensabile poiché per il caldo è meglio tenere le finestre sempre aperte.
La corrente di giorno è solo a pannelli solari e la sera, dalle 17,30 alle 21,30, si accende il generatore per permettere il funzionamento di Radio Songo, FM 97.2, la radio comunitaria della diocesi che diffonde notizie e musica, ma che è anche un modo validissimo per fare educazione e prevenzione sanitaria. Le emissioni sono per lo più in lingua Sango, poi tradotte in francese, anche se in alcuni villaggi il francese è in declino a favore dei dialetti locali. La radio promuove anche eventi sportivi o di teatro e iniziative locali di privati. Radio Songo avrebbe bisogno di ricevere un ulteriore supporto per poter effettuarle le registrazioni in studio offline, in modo da non essere limitata dalle poche ore di energia elettrica che riceve dal generatore della Diocesi.
Il problema dell’energia elettrica sarà anche per me una piccola difficoltà, siccome vorrei trasmettere con la mia radio ricetrasmittente. Infatti ora, mi servirebbe un inverter cosa che non avevo previsto, ma non mi preoccupo più di tanto poiché la provvidenza trova sempre buone soluzioni.
A cena facciamo la conoscenza anche di suor Diana che dirige la scuola elementare. Si mangia parlando un po’ in francese e un po’ in italiano, in un clima allegro e sereno. La minestra che assomiglia a una specie di “mesciua “ è molto buona, seguita da uno stufato di carne con patate e cavoli, evviva, ci sono anche le buonissime banane planten fritte. Ottima cena e ottima compagnia! Rientrando in camera trovo che l’interruttore della luce, che la suora mi aveva detto che non funzionava invece funziona, così posso mettere in carica il computer e iniziare a lavorare sfruttando la luce del generatore almeno per un’ora.
Leggo anche il manuale della mia radio ricetrasmittente per vedere come farla andare con i pannelli solari a 12v, ma non avendo né cavi, né la possibilità di farli, per ora abbandono l’idea.
Il giorno seguente nel pomeriggio ci sarà la prima riunione con la Caritas diocesana per concordare il programma per il lavoro da svolgere. Senza dubbio incontreremo diversi problemi, ma sono certa che con pazienza tutto si risolverà per il meglio.
Un allegro e chiassoso cinguettio mi sveglia alle prime luci dell’alba, corro alla finestra per vedere il chiarore che avanza, mi vesto in fretta ed esco: un grosso ragno nero e giallo mostra la sua rete impreziosita da gocce di rugiada. Cammino fino alla cattedrale che è aperta ed entro per una preghiera di ringraziamento per questo nuovo giorno così fresco e pulito. Vicino alla chiesa c’e un piccolo camposanto con solo due croci: sono di un vecchio abate e un giovane prete, uno nato nel ‘28 e uno nel ‘ 76.
Alle sette s’inizia la giornata con la prima colazione in compagnia delle suore Ida, Diana e Patrizia che ci informano che durante la mattinata sarà celebrato il funerale di un giovane prete morto all’ospedale di Bangui alcuni giorni fa. Purtroppo, i familiari del giovane non hanno voluto portare qui la salma e quindi in contemporanea si sono svolte le due cerimonie funebri, una a Bangui e una qui, dove aveva prestato la sua opera di sacerdote. Questo ha fatto molto dispiacere al vescovo che nell’omelia era commosso e addolorato per il diniego dei parenti oltre che per la prematura morte del giovane.
Subito dopo pranzo, abbiamo incontrato Pierre per la prevista riunione di programmazione del corso d’informatica. In primo luogo abbiamo analizzato come risolvere il grande problema dell’elettricità poiché per i computer c’è bisogno di avere la corrente quattro ore la mattina e tre il pomeriggio.
Il corso si terrà nella bella sala della biblioteca della Caritas che ha anche un piccolo gruppo elettrogeno indipendente e quindi questo forse risolverà il problema dell’elettricità e mi rallegra poiché mi sarà utile anche per i miei collegamenti radio nei momenti di pausa.
Per il corso d’informatica, decidiamo di svolgere nei primi tre giorni lezioni l’introduzione dell’hardware e dei sistemi operativi, dando loro le prime nozioni di base di Windows e Linux. Poi essendo gli allievi diciannove, al quarto giorno li divideremo in tre gruppi di lavoro, ogni gruppo avrà due ore di lezione al giorno.
Le lezioni poi si concentreranno sull’ utilizzo delle funzioni fondamentali del programma di videoscrittura e sua utilizzazione. Inoltre, saranno date anche nozioni sull’utilizzo del foglio elettronico, di una presentazione in PowerPoint e Impress, prove di collegamento a internet, email, navigazione e ricerca. Un programma ambizioso visto il poco tempo a nostra disposizione, ma siamo fiduciosi nelle loro capacità e ferma volontà d’imparare. Sicuramente, Paolo ed io, ce la faremo a svolgerlo tutto, anche ben coordinando tra noi i lavori.


Nel frattempo è arrivato a M’baiki anche padre Euro che ci ha portato le ultime notizie dal fronte della guerra: truppe di ribelli ugandesi entrano in RCA anche a trecento km per depredare razziare e anche sequestrare le persone. L’ONU ha inviato alcune centinaia di soldati per addestrare la polizia di frontiera locale e rendere più sicuri i confini.
Qui però, è tutto tranquillo e mi sembra di essere lontanissima dal mondo e da queste notizie preoccupanti. Anzi, mi sto abituando alla loro semplicità, alzandomi alle cinque al mattino e andando a dormire alle nove la sera trovando naturale e rilassante usare l’orologio solo per gli orari dei pasti. L’unica cosa che mi dispiace è la mancanza di corrente durante il giorno e le due ore di generatore alla sera, mi sembrano insufficienti abituata come sono a preparare ogni cosa con il computer e a usarlo per ore. Mi sono fatta dare un quaderno e scrivo là i miei appunti.
La domenica è una giornata dedicata esclusivamente al riposo. La Cattedrale è gremita di gente arrivata da tutte le parti della prefettura di Lobaye, la Messa è celebrata con una funzione grandiosa perché ci sono quasi ottanta battesimi e tante prime comunioni. S’inizia con canti bellissimi e armoniosi ai quali partecipano tutti, poi si avvia una processione di coloro che si avvicinano al battesimo, sono ragazzi e ragazze, tutti vestiti di bianco che reggono in mano un libro e un cero: uno spettacolo incomparabile nella sua genuinità e musicalità.
Per ore continuano ad arrivare donne con bambini piccoli, sorelle e fratelli, famiglie intere tutti con la gioia di festeggiare la domenica giorno dedicato al Signore.
Alla fine della mattinata faccio un salto in biblioteca, dove ho montato la stazione radio per finire di mettere i cavi per microfono e cuffia, faccio anche alcune chiamate, ma mi risponde solo un ucraino che mi sente pianissimo. Sicuramente dovrò fare alcuni miglioramenti alzando la posizione dell’antenna e forse questo sarà possibile perché qualcuno mi ha detto che da qualche parte c’è anche una scala doppia.
Una sera a cena suor Patrizia, mi racconta che è nata in Sicilia, suo padre era il calzolaio del paese e lei fin da piccola aveva espresso il desiderio di entrare in convento e farsi suora dedicando la vita agli altri. Ora ha passato i settantacinque anni e vive da trent’anni è in Africa. Storie di suore missionarie, umili e silenziose che dedicano tutta la loro vita per aiutare il prossimo stando vicino ai più poveri.
Questo mi fa venire in mente che prima di venire a Mbaiki, siamo andati con padre Lorenzo a Bimbo, periferia di Bangui, dove c’è un convento di suore Benedettine e là ho conosciuto un’anziana suora, suor Assunta, che proviene dall’Aquila. Con dolore ci ha raccontato del suo bel convento in Italia danneggiato dal terremoto, del prezioso lavoro di rilegatura di libri ormai fermo e di tutte le attività andate perse.
Qui ha tutta l’attrezzatura per un allevamento di polli compresa un’incubatrice, ma le mancano i soldi per iniziare e andare avanti nel progetto. Certamente questo progetto darebbe lavoro a tanta gente che abita nelle vicinanze del convento.
Purtroppo, la suora è sola e anche se la sua regola è la clausura, è costretta a uscire per le incombenze della giornata e per far andare avanti il convento. Nuove vocazioni non ce ne sono anche perché non è concepibile qui restare chiuse a pregare e lavorare, secondo la regola benedettina.
Nel complesso del convento c’è anche un piccolo ospedale per le donne e una giovane dottoressa di Bologna ci racconta che un giorno le hanno buttato oltre il muretto dei cinesi ammalati di colera così lei non avendo posto, dopo aver prestato i primi soccorsi, li ha caricati su un’ambulanza e portati all’ospedale cinese. Cose che succedono.
Una sera, mentre stavo preparando una presentazione sul computer per la lezione del giorno dopo, il generatore si è fermato di colpo e tutto il mio lavoro è andato perso. Chiaramente ci sono rimasta male e mi sono scoraggiata un poco, ma ho imparato ad accettare questa realtà. Il gruppo consuma un litro di benzina ogni ora e la benzina costa circa due euro al litro. Due euro qui sono una cifra enorme.
A pranzo un giorno abbiamo mangiato una frittata fatta con uova di coccodrillo, per la verità buona ma un po’ gommosa. Altro piatto che qui è molto apprezzato dai nativi sono i bruchi che si raccolgono in luglio e agosto in grande quantità per mangiarli freschi oppure conservati dopo averli affumicati. Credo che il nome di questa pietanza sia “macombo”.
Da buona friulana ho mangiato con gusto anche la polenta di manioca! Certamente, il mangiare è la cosa che mi preoccupa di meno, e ormai con il passare dei giorni ho imparato ad amare il loro ritmo di vita e mi adagio con piacevolezza a quel vivere senza correre.
Il passare delle settimane è scandito dal Larian, la medicina per la profilassi antimalarica che prendo ogni venerdì. Purtroppo il tempo passa comunque troppo in fretta.
E’ una gioia vedere ogni giorno come i ragazzi nostri allievi si presentano puntuali e sorridenti alle lezioni, desiderosi di apprendere per poter un giorno continuare a utilizzare il computer. Anche se alcuni di loro hanno qualche difficoltà, la maggior parte dimostra una discreta velocità d’apprendimento che ci sorprende in modo piacevole. Tra loro ci saranno anche i futuri formatori ai quali alla fine del corso dedicheremo due giornate di “full immersion”.
Abita dalle suore anche un’altra ospite, una signora camerunense responsabile dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, si reca ogni giorno nei villaggi per controllare che le vaccinazioni antipolio siano fatte regolarmente, ma spesso non trova nessuno e deve combattere contro il disinteresse oltre che con i tanti pregiudizi della gente che ancora guarda con qualche sospetto “la medicina dei bianchi”. Lei non si scoraggia e continua a svolgere la sua missione con serietà e caparbietà, facendo ogni giorno centinaia di chilometri su strade sterrate e difficili per raggiungere i villaggi più sperduti.
La superstizione è sempre presente, una bambina di un villaggio è stata lasciata morire per una piaga e dopo che è morta la gente ha accusato due vecchie di aver causato quella morte con i loro poteri malefici. Per questo motivo, le hanno bastonate a sangue e fatte rinchiudere in prigione. Le suore di madre Teresa, una volta saputa la storia, sono corse a prendersene cura.
Secondo una barbara tradizione ancora viva in qualche villaggio, le persone pensano che se gli affari in una famiglia vanno male, per fermare la cattiva sorte, bisogna sacrificare una vergine portandola su una canoa, legarla con un peso e lasciarla affogare. Questo avviene mentre le donne a riva piangono e urlano disperate. Altra selvaggia tradizione ancora oggi presente, è che quando un uomo ha una relazione con una donna sposata vengono di notte “gli uomini dal fiume” a pestarlo e mutilarlo.
Sin dai primi giorni, abbiamo cercato di connetterci con una chiavetta internet, ma la missione è risultata impossibile, in un’ora siamo appena riusciti solo a entrare nel sito, la connessione si è dimostrata oltremodo lenta e così abbiamo dovuto rinunciare nei nostri tentativi. Il fatto di non avere la connessione ci dispiace molto perché avremmo voluto inviare giornalmente notizie ai nostri amici “informatici” per aggiornarli sullo svolgimento del progetto man mano che si andava avanti.
A volte la sera si ode una musica melodiosa ritmata dal suono del grande “ngoma” perché ci sono le prove di preparazione per un concerto. E’ affascinante ascoltare i canti africani: amo moltissimo quelle voci che si intrecciano nella notte e si espandono nell’aria assieme ai profumi dei fiori.
Sono passati vari giorni, con sempre presente il problema del generatore indispensabile per proseguire con regolarità il corso di informatica senza saltare nessuna lezione. Però, questo è un problema sentito solo da noi, abituati ad avere la corrente elettrica ad ogni ora del giorno, qui la gente quando viene buio va a riposare e si alza al primo chiarore. Non hanno televisione, ma neppure la luce in casa.
Giovedì primo dicembre è giorno di festa grande poiché è la giornata dell’Indipendenza della giovane Repubblica Centrafricana. Nel 1949 fu un prete cattolico Barthelemy Bocanda a fondare il primo partito politico, Mouvement d’Evolution Sociale de l’Afrique Noire, che ne chiedeva l’indipendenza .
Ci sarà una sfilata con la partecipazione di tutti. Anche noi siamo andati alla manifestazione che si è rivelata incredibilmente affollata di persone di ogni età, tutti vestiti a festa, gente spensierata e felice. Uno spettacolo colorato, vivace e per nulla militare. Sfilavano tutti dai venditori di caramelle ai ciclisti, dai ginnasti ai bambini dell’asilo, sfilavano ben ordinati studenti del liceo e del ginnasio, universitari, gruppi religiosi, boy-scouts, commercianti e infermieri. E’ stato stupendo vedere una sfilata vissuta dal popolo con grande entusiasmo, certamente dopo mesi di preparazione collettiva.
Unité, Dignité, Travail è il motto della Republique Centrafricaine! E loro sono uniti, dignitosi e capaci di far diventare lavoro qualsiasi occupazione quotidiana.
Le giornate scorrono con la semplicità del sorgere e tramontare del sole che scandisce dolcemente il tempo, facendomi assaporare e abituare a un ritmo di vita che l’occidente ha ormai dimenticato. Le nostre lezioni stanno ormai volgendo al termine e il bilancio è veramente positivo e soddisfacente.
Gli allievi si sono avvicinati ed hanno seguito il corso d’informatica con molta serietà e impegno, arrivando dal nulla a compilare un foglio di scrittura e ad utilizzare Excel. Hanno imparato ad usare Impress e compreso l’importanza di una presentazione superando l’esame finale con grande soddisfazione nostra e loro. Gli allievi sono diventati nostri amici e il rapporto che si è instaurato tra noi supera il divario insegnante alunno, per diventare solo un donare con gioia un qualcosa che potrà essere loro d’aiuto per un futuro lavoro o un’attività in proprio.
Alla fine del corso i partecipanti hanno affrontato l’esame composto da una prova pratica, un test e un colloquio. Devo affermare che le risposte alle domande a volte mi hanno commosso come quella di un ragazzo che fa il guardiano, che mi ha detto che prima del corso non sapeva cosa fosse un computer e ora usandolo ha capito che con questo strumento “ha una finestra sul mondo”.
I computer portatili sarebbero rimasti alla Caritas per l’allestimento di un’aula di informatica dove nuovi formatori avrebbero potuto continuare ad insegnare le basi e l’avvio al mondo dell’informatica. Prima della partenza i ragazzi ci hanno pregato di tornare e di aiutarli a metterli in grado di poter “navigare” allestendo un internet point avendo compreso l’importanza di questo mezzo come ricerca e comunicazione.
Partendo per l’Africa mi ero chiesta se era giusto portare nuove tecnologie in un Paese così povero che aveva bisogno più del pane che del computer. Ogni titubanza mi era sparita leggendo un capitolo del bellissimo libro di Muhammad Yunus, premio Nobel per la pace, dal titolo “Un mondo senza povertà”.
Nel capitolo che parla delle nuove tecnologie si legge: “Molti sono scettici sulla capacità delle economie povere di usare le nuove tecnologie come leva per il proprio sviluppo, ma queste possono invece consentire di saltare d’un colpo le passate lungaggini di una crescita economica asfittica per integrarsi nell’economia mondiale con una rapidità superiore a qualsiasi previsione”.
“Se impiegate adeguatamente, le nuove tecnologie possono eliminare gli intermediari che non contribuiscono alla valorizzazione del prodotto e mettere gli abitanti dei paesi più poveri del mondo direttamente in contatto con i consumatori dei paesi sviluppati, creando possibilità di lavoro a livello internazionale”.
L’intelligenza, la creatività, la serietà, lo spirito d’osservazione e la curiosità di questi popoli verso il mondo faranno il resto.
Siamo venuti a M’baiki verso la fine della stagione della piogge, ora sta arrivando l’estate con le sue elevate escursione termiche, la missione affidataci è stata portata a termine. Partendo per il ritorno a casa, siamo soddisfatti del lavoro svolto, poiché abbiamo avuto la sensazione e consapevolezza di aver lasciato diciannove ragazzi felici di aver imparato qualcosa che li avrebbe aiutati nella vita e avvicinati al mondo della comunicazione e informazione. Un mondo che, grazie a “ Informatici senza frontiere”, hanno visto che non è poi così lontano da loro.

Elvira Simoncini.