Home > News > OpenHospital all’Indira Gandhi Institute of Child Health di Kabul (Afghanistan)

OpenHospital a Kabul.

In breve: Qualche giorno fa abbiamo concluso l’installazione di OpenHospital alla clinica pediatrica “Indira Gandhi Institute of Child Health” di Kabul mediante la consegna di 10 copie dei manuali d’uso in lingua inglese. Sia l’hardware che il software erano stati consegnati già qualche settimana fa da rappresentanti italiani del Regional Command Capital di ISAF e del IX Rgt. Alpini L’Aquila di ISAF ITALFOR XVIII.

Questa è la cronaca. Appofitto però dell’occasione per descrivervi l’Indira Gandhi, riportando nel seguito una lettera scritta ai ragazzi delle scuole di Noventa di Piave (VE), che hanno raccolto una somma sufficiente all’acquisto di un generatore di ossigeno per le unità di pediatria.

Saluti a tutti. Marcello

 

Un generatore di speranze.

Il portone dell’Indira Gandhi Institute of Child Health si è aperto subito, non appena il primo dei quattro mezzi della pattuglia vi si è fermato davanti. L’insegna che sovrasta l’ingresso annuncia, in inglese e persiano, che quello è il magico regno dei bambini malati, a qualunque etnia, fazione, tribù o condizione sociale essi incolpevolmente appartengano.

Il Centro per la Salute dell’Infanzia “Indira Gandhi” è ad oggi l’unico ospedale pediatrico in tutto l’Afghanistan, 250 letti per una popolazione di circa 21 milioni di abitanti. E’ stato costruito interamente con fondi della vicina India, sul finire degli anni sessanta. Era un centro di eccellenza, ma come ogni cosa in Afghanistan ha conosciuto una tanto veloce quanto irreversibile decadenza durante i terribili anni della guerra. Forse è stato risparmiato dalle brutalità ancora evidenti in tutta Kabul, non ho visto i fori dei proiettili sulle pareti esterne né le profonde cicatrici lasciate dai colpi di mortaio, ma si può facilmente credere a quello che si racconta, che i bambini erano anche più di due per letto, che non c’era nulla con cui curarli o di che dar loro da mangiare e che i più piccini dormivano sui davanzali delle finestre, si dice anche che il personale senza stipendio ha continuato a fare sempre e comunque quello che poteva per i piccoli pazienti.

Ora l’Indira Gandhi si sta riprendendo, molto lentamente, grazie soprattutto all’aiuto di tutte le presenze straniere che sono qui a Kabul. Sono stati forniti letti, medicinali, apparecchiature mediche ed assistenza sanitaria specialistica, per recuperare quello che di materiale è andato distrutto e quello che di sapere e conoscenza si è perso in quegli anni.

Ci riceve il direttore che si scusa di non aver saputo del nostro arrivo, ci avrebbe atteso all’ingresso come si conviene al padrone di casa che rende onore agli ospiti, le nostre visite non possono però essere annunciate, e questo esclusivamente per ragioni di sicurezza. Sorseggiando il the gli spieghiamo che dobbiamo consegnare le copie in inglese dei manuali d’uso del software installato sui computer che abbiamo fornito qualche mese fa. Con una punta di orgoglio il Capitano ricorda che il programma è donato dall’italiana Informatici Senza Frontiere ONLUS, che si occupa di fornire gratuitamente know-how tecnico ed informatico per la gestione dei presidi medici ed assistenziali a strutture sanitarie in difficoltà. Con l’aiuto del nostro interprete, il Professor Aminzai, gli comunico poi che i ragazzi della scuola media di Noventa di Piave hanno confermato l’acquisto del generatore di ossigeno, che l’apparecchio è stato ordinato e che arriverà a giorni. Gli chiedo di poter vedere e raccontare dell’ospedale ai giovani italian donors.

Veniamo accompagnati al piano di sopra, nel reparto malnutrition, malnutrizione. Sulle scale incrocio alcuni medici locali e tra essi un signore che su un camice più bianco degli altri aveva la mezzaluna e la stella della Turchia. Attraversiamo una sala d’aspetto molto affollata, ai lati di un corridoio vetrato sono disposte le sale di degenza dove i bambini sono assistiti dalle mamme, alcune rigorosamente coperte dal burqa. Un tavolo centrale accoglie bimbi piccolissimi, che respirano da tubicini di ossigeno che gli vengono tenuti vicino. Le apparecchiature sembrano abbastanza nuove, probabilmente sono quelle trasportate dagli aerei inglesi della Royal Air Force nel 2003. Non è così in altri reparti, nuclei NBC inglesi ed italiani, normalmente impiegati per le contromisure nucleari, batteriologiche e chimiche, hanno provveduto alla verifica della sicurezza delle apparecchiature radiologiche, che hanno ormai più di trent’anni.

Ci fermiamo il tempo sufficiente ad avvertire la profonda rassegnazione che pervade quel luogo.

Il generatore di ossigeno dei ragazzi di Noventa sarà certamente molto utile, anche perché abbiamo comperato il migliore che c’era, un modello americano, il più sofisticato di tutti.
Non l’abbiamo rivelato al direttore e nessuno lo saprà, ma – in realtà – è un piccolo generatore di speranze…

Kabul, 12.08.08
Assalam aleikum (che la pace sia con voi).

Marcello