Gabriella Dodero, Carlo Vaccari, Informatici Senza Frontiere APS, Treviso
Questo titolo ci è stato suggerito dalla dottoressa Carlotta Gualco, direttrice del Centro InEuropa, insieme con l’invito a scrivere un breve resoconto in chiave europea delle esperienze che Informatici Senza Frontiere ha raccolto nel corso degli anni più recenti, svolgendo attività di formazione, al fine di colmare il divario digitale, come da statuto ISF. Il Centro InEuropa, che ha sede a Genova, (https://centroineuropa.it/) è una associazione culturale che promuove la consapevolezza delle azioni intraprese dall’Unione Europea, in particolare sul territorio ligure, sensibilizzando la cittadinanza anche con la pubblicazione di una rivista quadrimestrale monografica dedicata a temi europei.
E’ stata per noi l’occasione di riflettere ed approfondire le esperienze che ISF, e noi in particolare, abbiamo sviluppato nel corso del 2023, anche tramite finanziamenti europei provenienti da Erasmus Plus. A differenza del ventennale programma Erasmus che nacque rivolto agli studenti universitari, il più recente Erasmus Plus copre tutte le fasi della vita in cui un cittadino EU può apprendere, anche in età adulta, anche attraverso attività di volontariato. Ed è appunto come volontari ISF che noi, ed altri, siamo stati coinvolti nelle attività che citeremo.
L’importanza di ridurre il divario digitale, al fine di esercitare i propri diritti di cittadinanza, è sottolineata in molti contesti, a cominciare dall’Unesco. Le competenze digitali, per l’UNESCO, sono indispensabili per il raggiungimento degli Obiettivi 2030, per la precisione per SDG 4, 5, 10, 16 e 17. (https://www.unesco.org/en/digital-competencies-skills). Inoltre, per poter svolgere molti lavori, serve un approfondimento “mirato” delle competenze digitali, realizzato nelle scuole, nella formazione professionale, nella formazione terziaria, ed in azienda. Si pensi ad esempio agli strumenti di produttività personale, a quelli per contabilità e fatturazione, per l’elaborazione di grafica ed immagini, progettazione meccanica, audio e video editing, e così via. Tutte queste forme di apprendimento generalmente fanno parte della cosiddetta “educazione non formale”, un termine che le contrappone ai percorsi di studio “formali” e tradizionali, scuola primaria, secondaria, università.
Infine, molte nuove professioni collegate alle tecnologie si sono affermate, in particolare quelle legate alla produzione per il Web, alla gestione ed analisi di grandi quantità di dati, e infine all’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei vari settori professionali. La richiesta di persone formate per svolgere questi lavori è sempre crescente, e mai soddisfatta da quanti nei canali formali e non formali vengono a qualificarsi. In parallelo cresce la richiesta di formazione dei formatori, ovvero degli e delle insegnanti che dovranno formare i futuri lavoratori e lavoratrici a queste nuove professioni, sia sul piano metodologico, per chi proviene da formazione tecnologica, sia sul piano tecnologico, per chi ha un passato di formatore o formatrice ma in altri settori.
È quindi naturale che, nel momento in cui in Europa si trovano rifugiati e rifugiate, migranti, e richiedenti asilo, occorra formarli affinché sappiano utilizzare gli strumenti tecnologici indispensabili nella nostra società, relativamente a tutti gli aspetti sopra esposti. In altre parole, si tratta per prima cosa di formarli (esattamente come si fa per altre categorie a rischio emarginazione) al fine di ridurre il divario digitale e consentire loro di accedere a strumenti indispensabili, quali l’identità digitale, la ricerca del lavoro, la casa e i servizi sociali e sanitari. Rispetto ad altri soggetti a rischio, i migranti e le migranti (li chiameremo d’ora in avanti tutti così senza differenziare tra i vari stati giuridici) hanno un ostacolo ulteriore, la barriera linguistica; oltre a ciò, non va dimenticato che chi ha una disabilità, le donne (spesso con minore scolarizzazione già nel paese di origine, con figli piccoli ed incombenze famigliari a loro carico) e chi ha situazioni di alloggio complesse può incontrare ulteriori ostacoli nella formazione, anche digitale. Tutti e tutte, poi, potrebbero soffrire di stress e di traumi pregressi, che ne rendono difficoltoso l’inserimento scolastico e ne rallentano l’apprendimento.
Abbiamo quindi distinto tra i casi di studio quelli che si rivolgono alle competenze di cittadinanza e quelli che mirano ad introdurre alle professioni digitali, lasciando per ultime le considerazioni sulla “chiusura del cerchio”, ovvero utilizzare per la formazione dei migranti persone con un passato di migrazione esse stesse. Invitando alla lettura del testo completo, dove si citano altri interessanti casi di studio, esaminiamo brevemente dove e come interviene l’esperienza di ISF nel contesto citato.
I casi di studio: competenze di cittadinanza
In Italia l’educazione degli adulti, finalizzata al conseguimento di un titolo di studio, è affidata ai CPIA (Centri Provinciale per l’Istruzione degli Adulti), cui si possono iscrivere anche migranti “regolari” per conseguire livelli linguistici di Italiano L2, e successivamente la licenza media o il diploma di scuola secondaria. Questa possibilità, che comprende lo studio di argomenti IT alle scuole superiori, in conformità a quanto previsto nei percorsi scolastici tradizionali, resta però preclusa al grande numero di migranti in attesa di riconoscimento dello status di rifugiato. A questi ultimi, le associazioni di volontariato offrono percorsi non formali ma spesso validi ed utili per un inserimento sociale e lavorativo.
Ricade in quest’ambito la fruttuosa collaborazione di ISF con l’emiliana CIAC-Centro Immigrazione Asilo e Cooperazione onlus (https://ciaconlus.org/). Nel periodo della pandemia era impossibile riunire i migranti in laboratori per proporre loro formazione alle tecnologie per accedere al lavoro: le due associazioni hanno perciò progettato un breve corso su come usare uno smartphone nel contesto di ricerca lavoro, corso da seguire esso stesso sullo smartphone, usandolo per comunicare con i docenti e per svolgere semplici attività di laboratorio, come ad es. rispondere via email ad annunci di ricerca personale, allegando documenti, curriculum e quanto richiesto. Di questo corso sono state svolte alcune decine di edizioni, sempre online, fino a tutto il 2023, coinvolgendo docenti situati in tutta Italia.
Sempre in Emilia Romagna, con i finanziamenti della Fondazione di Modena, si è recentemente concluso il progetto Modena Smart la cui prima parte, svolta in presenza, aveva analoghi obiettivi relativamente alla conoscenza del proprio smartphone. È stata seguita da una seconda parte di approfondimento e di ricerca di lavoro, personalizzata con un tutor online, ed ha portato il 63% delle e dei partecipanti a trovare un lavoro entro la conclusione dei corsi.
I casi di studio: formazione per il lavoro, in particolare nel settore IT
L’offerta di formazione indirizzata ai/alle migranti prevede anche questa tipologia di percorsi, utilizzando talvolta fondi UE per finanziare azioni specifiche di cooperazione tra strutture analoghe in vari Paesi, o più spesso i Fondi Strutturali. Citiamo ad esempio il progetto Migracode (https://migracode.eu/), che dal 2019 ha riunito in rete enti no-profit di dodici paesi, con una missione educativa comune, la formazione di migranti per le professioni IT. Per l’Italia ne fa parte Informatici Senza Frontiere; sono stati realizzati congiuntamente diversi corsi per formare Web Developers in campi profughi nei Balcani e in Grecia, seguendo una metodologia comune frutto delle esperienze didattiche dei partner.
Più simile ad esperienze inglesi e tedesche è invece il progetto IT-AC@ (https://progettoitaca.eu/), finanziato da Repubblica Digitale e tutt’ora in corso. Il progetto, iniziato a luglio 2023, è rivolto a 210 donne, disoccupate o a rischio di espulsione dal mercato del lavoro, indipendentemente dall’origine; una parte delle studentesse di IT-AC@ sono in effetti migranti con buona conoscenza dell’italiano. Tutta l’attività di formazione e tutoraggio si svolge online, utilizzando specifiche piattaforme di valutazione delle competenze; la formazione copre diverse aree: pacchetti di produttività individuale, programmazione web, linguaggi low-code e no-code. Una attenzione specifica è dedicata alle competenze trasversali ed alla formazione sui diritti del lavoro. Del progetto fanno parte enti del terzo settore, il già citato CIAC e COPE, Cooperazione Paesi Emergenti di Catania (https://www.cope.it/); con essi, le tre aziende Intesys, Mygrants e Impactskills. I corsi sono stati offerti a partire da ottobre a piccoli gruppi di discenti; le prime classi sono già concluse e le partecipanti stanno iniziando i tirocini e gli inserimenti lavorativi, che proseguiranno per tutto il 2024.
I casi di studio: la formazione dei formatori e la “chiusura del cerchio” con i beneficiari
Spesso la qualità di un percorso di formazione è strettamente collegata alla qualità della docenza effettuata; e l’entusiasmo e la disponibilità della o del docente-volontario nel gestire il gruppo-classe di studenti migranti non può prescindere dalla sua competenza didattica.
Un’esperienza italiana si è svolta recentemente, ospitata dall’Università di Parma, con un progetto Erasmus Plus (“Upskilling for teachers in tech-related courses for refugees”) dedicato al miglioramento delle competenze didattiche dei futuri insegnanti di materie tecnologiche ai migranti. Docenti sono stati alcuni volontari di Informatici Senza Frontiere, con un background accademico ed esperienza nell’insegnamento ai migranti; “studenti”, un gruppetto di volontari operativi in Croazia (tra cui uno a sua volta rifugiato, di origine afghana), senza esperienza nell’insegnamento ma con competenze professionali nel settore IT. Volontari e volontarie così qualificati opereranno come insegnanti di materie IT presso campi profughi nei Balcani, coordinati dalla associazione croata Borders:none (https://www.bordersnone.com/coders-without-borders/).
Sempre con finanziamenti Erasmus Plus, per tutto il 2023 è stata attiva una cooperazione tra Italia, Grecia e Lettonia, protagoniste tre associazioni no-profit, attive per sopperire ai bisogni di fasce deboli, tra cui i migranti, con strumenti ed azioni profondamente diverse. Tra esse, per l’Italia Informatici Senza Frontiere, per la Grecia Ithaca Laundry (https://ithacalaundry.gr/en/), che offre servizi di lavanderia ai senzatetto di Atene e dintorni, e per la Lettonia Zelsirdibas Misija Dzivibas Ediens (in inglese “Food for Life”, http://www.dzivibasediens.lv/home/ ), che fornisce pasti caldi quotidiani a persone in difficoltà a Riga, in particolare rifugiati e rifugiate dall’Ucraina. In questa iniziativa, si sono attivati percorsi grazie ai quali un beneficiario o beneficiaria dei servizi può acquisire competenze lavorative, attraverso la collaborazione volontaria all’interno dell’associazione. In questo modo si “chiude il cerchio” e il beneficiario, diventato volontario, può uscire dallo stato di bisogno che l’aveva portato alla richiesta di aiuto, rispettivamente a ISF, Ithaca