1. Come è nato Informafrica? In che cosa consiste?
Nel 2010 chiesi ad un padre Comboniano, amico di Facebook, di andare a fare un’esperienza di tre mesi presso la sua missione in Sud Sudan: avevo già fatto alcune esperienze di un mese in altri Paesi francofoni, ma volevo testare il mio livello di capacità di sopravvivenza in Africa. Padre Moschetti mi chiese il CV e mi invitò ad andare per un’idea che aveva in testa. Cominciò così a farmi fare corsi di informatica in una scuola e nel villaggio di Mapuordit.
Alla fine dei tre mesi, organizzammo, per l’anno successivo, il primo corso di “Informafrica”. Insieme a Elvira Simoncini lo presentammo a ISF e fu accettato. Nel 2011 preparammo due aule in Sud Sudan (a Mapuordit) e in Repubblica Centrale Africana (a M’baiki). Da allora non so quanti corsi sono stati fatti, in quante scuole abbiamo portato l’IT e quanti alunni siano poi stati cresciuti all’informatica, ma certo abbiamo toccato molti Paesi africani, francofoni e anglofoni. Recentemente siamo arrivati anche in Etiopia e Mozambico.
2. In che modo hai cominciato a dare il tuo contributo al progetto?
Il Progetto Informafrica è nato dall’idea di padre Daniele Moschetti, dalla mia esperienza informatica, cominciata nel 1967, quando la parola “informatica” non esisteva ancora, e dall’esperienza progettuale di Elvira, che ha poi seguito il progetto in altri paesi.
3. Un ricordo particolarmente emozionante del progetto?
Ogni corso è “particolarmente emozionante”. Insegnare a docenti delle scuole superiori, a manager di ospedali, a studenti universitari, è sempre emozionante. Occorre essere sempre umili e sapere che si ha davanti un uditorio di cui non si conoscono le potenzialità e che potrebbe anche metterti in buca: preparazione ed umiltà, sempre.
4. Quali sono le sfide e le difficoltà per il futuro del progetto?
Il progetto allo stato attuale è collaudato e funzionante, ma sempre più in condizioni ormai quasi irripetibili: la conoscenza e la distribuzione di smartphone e piccoli computer ha cancellato il gap che Informafrica si proponeva di colmare. Abbiamo certamente contribuito a questo cambiamento. Per il futuro non posso dire nulla… forse sento di aver dato quanto potevo e ne sono felice.
Ora vorrei poter insegnare ai ragazzi che hanno il computer nei Paesi in crescita a non fare gli errori politico-economici della globalizzazione e dei nostri modelli di sviluppo: penso sarebbe importante orientarsi ai temi dell’“Etica dell’Informazione e dell’IT”… ma il “potere economico” mi distruggerebbe in due giorni!
Paolo Merlo tiene un blog dedicato all’esperienza di Informafrica.
Di recente, a quattro mani con Roberto Morgese, e con la postfazione di p. Daniele Moschetti, ha pubblicato un romanzo per ragazzi, “La Grotta della Pace”, edito da Ed. Messaggero PD, sulla sua esperienza in Sud Sudan, prima e durante l’indipendenza e la successiva guerra civile.